diabetologando

dialogando sul diabete il blog di Ennio Scaldaferri

Pratica clinica. Un collega mi scrive: ha senso prescrivere a un diabetico ben tre ipoglicemizzanti orali e insulina in soprappiù? (4° ed ultimo articolo)

Posted on | maggio 15, 2012 | No Comments

Ho chiuso il precedente articolo domandandomi se esiste un sistema guida per la cura del Diabete di tipo 2 (DMT2) semplice e innovativo.

Sì, dicevo, basta leggere la Banting Lecture del Prof. R. de Fronzo: questa è una “lezione” che viene affidata annualmente ad un grande e meritevole esperto di diabete e quella fatta da De Fronzo (Texas Diabetes Institute, San Antonio, TX) mi ha colpito in quanto ribalta i concetti che solitamente guidano nella terapia del DMT2, li semplifica e mette tutti nella condizione di sapere quello che va fatto: basta che ti intendi di diabete e che conosci i farmaci.

Sintetizziamo intanto i punti sui cui si è generalmente d’accordo già espressi negli articoli precedenti:

  • Il DMT2 viene nel comune sentire considerato equivalente al diabete non insulino richiedente,
    • cosa che non solo non è vera, ma che è proprio espressione di un grave errore di impostazione del problema diabete,
  • l’insulina si può introdurre nella terapia del DMT2 in ogni momento,
    • ma è preferibile non aspettare tanto;
    • essa può anche esser associata ad altri farmaci,
    • ma mal la si vede in compagnia dei classici iporali beta stimolanti;
  • l’inerzia terapeutica, il ritardo nel passaggio da un gradino a quello successivo dei vari schemi, è un grandissimo problema;
  • il Paziente è sempre e solo oggetto degli  schemi terapeutici, ma non ha alcuna voce in capitolo, benché da molte parti si declami che egli sia al centro del processo assistenziale:
    • in pratica è al centro in quanto su di lui si riversano le attenzioni, non perché partecipi alle scelte che lo riguardano. Queste vengono fatte e in ritardo solo inseguendo l’emoglobina glicata: se questa si innalza, si cambia schema. Sembra piuttosto facile.

Io credo poi che siano eccessivamente numerosi anche gli schemi e linee guide. Francamente non ce n’è bisogno, per quanto prestigiosi siano i nomi degli estensori.

Dico questo proprio perché mi rifaccio alla lettura di De Fronzo. A studiarla ti accorgi che è davvero un caposaldo, una guida eccezionale. Letta quella, molti schemi diventano superflui per il diabetologo esperto.

In sintesi, ecco i  momenti di riflessione:

a)    ci preoccupiamo dell’immediato, puntando al miglioramento del controllo del diabete e basta o proiettiamo la situazione patologica del nostro paziente nel futuro preoccupandoci da subito di come essa sarà a distanza di anni?

b)    Stabilito uno stile di vita corretto, si adatta questo alla terapia o adattiamo la terapia allo stile di vita?

Se ci preoccupiamo dei 2 suddetti punti allora dovrà essere la patogenesi del DMT2 che dovrà suggerire le indicazioni terapeutiche.

Quindi:

  1. una terapia veramente efficace per il DMT2 richiede più farmaci in combinazione per tentare di correggere le multiple alterazioni fisiopatologiche (vale a dire quello che non funziona nell’organismo) che sono causa del diabete stesso,
  2. la cura deve tendere a correggere le alterazioni fisiopatologiche note e reversibili e non deve avere solo per obiettivo di migliorare il livello glicemico;
  3. prendendo la storia del DMT2 nella sua interezza la terapia va avviata il più presto possibile in modo da prevenire o rallentare la progressiva insufficienza della beta cellule che, val la pena ricordarlo, è presente precocemente e già alla stadio di inadeguata tolleranza al glucosio (cioè quando non c’è ancora il diabete, ma una lieve iperglicemia).

Se teniamo nella dovuta considerazione i punti suddetti, saremo in grado di consigliare la terapia più adeguata esistente per il DMT2.

Abbiamo però bisogno di sapere:

  • tipo di diabete da cui è affetto il paziente, durata, stadio clinico e fenotipizzazione;
  • età, sesso, BMI, livello culturale e socio economico e attività lavorativa;
  • grado di accettazione della malattia, grado di informazione e capacità di gestione del diabete;
  • controllo metabolico del DM pre terapia in atto e controllo precedente;  complicanze in atto;
  • obiettivo terapeutico proposto al paziente in rapporto allo stile di vita che egli vuole tenere o che è costretto a tenere,
  • alterazioni metaboliche e terapie concomitanti .

Solo a questo punto la terapia potrà essere suggerita.

Suggerire, attenzione, e non prescrivere, perché è il paziente ad avere l’ultima parola.

In conclusione rispondere alla domanda del collega non è proprio facile: la risposta scaturisce  dall’insieme di considerazioni che ho presentate in questi 4 articoli, non dimenticando il costo beneficio.

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