Perché i Trevigiani vanno talvolta a curarsi in altri ospedali avendone a casa uno di alto livello?
Posted on | aprile 23, 2013 | 5 Comments
E’ la domanda che mi rivolge la Signora R. che, dopo aver dovuto provare, per sua sfortuna, tanti ospedali, ha concluso che “… a Treviso mal che caschi, te caschi sempre ben…”, frase salomonica che pronunciata in un perfetto dialetto, non riproducibile, suona ancora più convincente.
L’affermazione di R. concorda del tutto con l’esperienza che ho personalmente fatto in febbraio u. s., allorché mi sono dovuto sottoporre ad un delicato intervento chirurgico, avvenuto in 3° Chirurgia dell’Ospedale Civile “Ca’ Foncello” di Treviso, specializzata fra l’altro in Patologia Polmonare e Trapianto di rene.
Per la mia particolare situazione clinica, la cosa non era una passeggiata. Complessa la diagnosi, complesso decidere fra trattamento farmacologico o chirurgico. Ma non ho dovuto preoccuparmene io: un team sanitario multi-disciplinare di patologia toracica – dal chirurgo toracico agli specialisti in malattie polmonari e infettive ai radiologi – ha studiato il mio caso.
Il mio, ma non solo il mio, altrettanto avviene, come prassi normale, in altri casi similmente difficili.
E’ stato stabilito il da farsi; l’iter mi è stato illustrato, ho con fiducia accettato senza alcun bisogno di ripensarci, né tantomeno di ricorrere ad altri consulti – anche se mi era stato amichevolmente offerto di farmi operare presso un rinomato polo ospedaliero universitario – mi sono state fissate le date per il completamento degli accertamenti e dell’intervento, avvenuto in video-toracoscopia.
Fatto questo, in sette giorni ero a casa, dopo aver completato l’iter durante la degenza con altri non semplici esami imposti da ciò che è risultato.
Impeccabile l’iter post operatorio. Personale accogliente e competente. Mai è venuto meno un sorriso o una parola di incoraggiamento, allorché accusavo la fatica.
Certo, uno potrebbe dire: “e ci mancherebbe altro, hai lavorato per molti lustri al Ca’ Foncello, vuoi non difendere il tuo ex-posto di lavoro!? E vuoi che trattassero proprio te male?…”
E’ vero anche questo. E sarebbe sciocco negare che il conoscere medici e infermieri mi ha giovato. Non fosse altro che per la comune storia professionale con molti di loro. E’ umano, no?
Ma io mi sono messo anche nei panni dell’osservatore critico. Ed ho guardato attentamente tutto ciò che succedeva intorno a me con un certo distacco. Ho ascoltato ciò che veniva detto agli altri pazienti e come con essi il personale si comportava: nessuna differenza, e una parola di attenzione era riservata i pazienti più ligi come a quelli un po’ invadenti e che chiamavano di continuo.
Perché se L’Accoglienza diventa parte della professionalità diciamo tecnica, il comportamento descritto diviene il naturale modo di operare.
Una parola va spesa per l’aspetto anestesiologico.
So che mi è stata praticata una anestesia all’avanguardia con un rapido indolore risveglio: poi, punto cruciale, seguita da una terapia del dolore impeccabile. E’ noto che gli interventi sul torace comportano nella fase post operatoria dolore intenso e perdurante.
Il concetto base della terapia del dolore è che questo va prevenuto, non curato quando esso oramai c’è ed è insopportabile. E difatti, data la pozione magica antidolore somministratami in continuo, 2 giorni dopo ho cominciato a percorrere i corridoi in lungo e in largo, nonostante vari drenaggi pendenti… da più parti.
Sapete che vi dico? Non fatevi operare da chicchessia, fosse il più grande luminare di questo mondo, se la struttura non dispone di possibilità di immediate consulenze pluri-specialistiche di notte come di giorno e se non vi garantiscono una terapia del dolore non al bisogno, ma prima che il dolore venga a tormentarvi.
Questa fondamentale nozione non era proprietaria solo dell’anestesista, cosa che dovremmo dare per scontata, anche se sappiamo che così proprio non sia, ma di tutto il personale del reparto, medici e non.
Ovviamente per me è stato semplice decidere dove farmi seguire ed operare.
Ma per chi non ha molte conoscenze? Come possono decidere i Trevigiani diciamo perplessi? Al di là del provare a proprie spese come la Sig.ra R., oggi abbiamo la possibilità di informarci “scientificamente”. Ecco il mezzo:
Disponiamo dei dati del Programma Nazionale Valutazione Esiti (PNE) raccolti dal Ministero della Salute consultabili, sì, ma per esperti: per fortuna sono stati organizzati, tradotti in agili tabelle e quindi resi più facilmente leggibili dalla rivista FOCUS [1]; presentata da Radio 3 Scienza (Ospedale che vai, cure che trovi), consultandola troverete:
1) gli ospedali affidabili;
2) quelli che potrebbero esserlo, ma non hanno dati sufficienti per essere valutati;
3) quelli che andrebbero chiusi, perché i risultati ottenuti sono troppo sotto alla media italiana.
E troverete informazioni sconcertanti tipo: “… Sono ancora troppe le morti evitabili negli ospedali italiani: l’8% dei ricoverati – su base nazionale, dati 2011 – che significa più o meno 45.000 decessi…”
Basta leggere con attenzione. Vedrete che sorprese. Il Ca’ Foncello è situato, salvo qualche scusabile eccezione, al punto 1). E non vi nascondo, ad esempio, la mia incredulità nel leggere come, nella rinomatissima sanità Veneta, vi siano, nella tabelle di Focus del 2012, solo cinque sedi ospedalieri elencate per valutabile affidabilità nella Chirurgia del Tumore Maligno del Polmone: fra questi pochi, uno è per l’appunto Ca’ Foncello [2].
Quando un grande problema di salute viene affrontato con prestazioni di alto livello, non solo i costi diminuiscono, ma il peso stesso della malattia diventa immensamente più sopportabile. Sento quindi davvero di dover ringraziare sentitamente tutto il gruppo della patologia Toracica del Ca’ Foncello di Treviso per i traguardi che ha raggiunto e per il modo di porsi.
Nella speranza che quanto ho scritto possa essere utile a tanti.
[1] La guida ai migliori ospedali d’Italia. Come scegliere i migliori ospedali per ogni tipo di intervento, da Focus.it a cura di Amelia Beltramini.
[2] La guida ai migliori ospedali d’Italia: quali sono quelli da evitare.
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5 Responses to “Perché i Trevigiani vanno talvolta a curarsi in altri ospedali avendone a casa uno di alto livello?”
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aprile 24th, 2013 @ 21:07
Caro Dottore Scaldaferri, ho letto con attenzione il suo scritto. Mi spiace sinceramente
della nuova disavventura e le auguro di cuore di
rimettersi presto. Lei ha elogiato il team medico che l’ha seguita ed io elogio Lei per la tenacia che anche questa volta ha dimostrato nell’affrontare il problema. Si può dire che …la vita..certe volte è un imbroglio? Non si sa mai cosa ci riserva||
Una cosa è certa. Ci rivedremo presto Dottore.
Cordialità.
Antonino
aprile 25th, 2013 @ 12:31
Gentile dott. Scaldaferri,
mi spiace molto per quanto Le è accaduto.
Le auguro una veloce guarigione, perchè ci sono ancora tante persone che hanno bisogno della sua Scienza ed esperienza …..
La saluto con una forte stretta di mano….
IRENE BADON…….
aprile 29th, 2013 @ 15:27
Grazie Irene, grazie Antonino. Altri mi hanno scritto chiedendo di non pubblicare. Per la verità sono stato in forse se presentare o meno questo post, molto personale, ma poi ho pensato che poteva esser utile a tanti. In fondo tutto quello che scrivo nel blog è sempre frutto da una parte della mia attività professionale e del costante lavoro di aggiornamento, ma dall’altra proviene dalle esperienze cliniche personali, non sempre facili, e da quanto cerco di ascoltare con attenzione dai miei pazienti e che poi traduco in articoli. Questo mi permette di dare suggerimenti scientificamente corretti e sentiti, perché vissuti e talvolta personalmente sperimentati. Grazie ancora.
aprile 29th, 2013 @ 17:18
Gentile Dottor Scaldaferri, in merito al suo post volevo farle notare che in Francia gia’ da qualche hanno testate importanti come le figaro (e non solo periodici piuttosto di nicchia, come focus) pubblicano una classifica dei migliori ospedali francesi. Le vorrei chiedere se , secondo lei, un’iniziativa del genere sarebbe auspicabile anche in Italia ?.
maggio 1st, 2013 @ 15:42
Ciao Ennio,
grazie per quanto scrivi nel tuo articolo, su cui concordo perfettamente; il problema della persona che si trova ad affrontare, a qualsiasi livello, una disavventura di tipo medico è che spesso essa è totalmente indifesa e deve affidarsi a persone (anche gli operatori sanitari sono persone) di cui non sa nulla, è costretta solo ad affidarsi, (e spesso i consigli non sono sempre corretti, lo sappiamo bene). C’è solo da sperare che sempre più frequentemente si trovino persone che siano in grado di ascoltare, di essere per quanto possibile umane e che tentino di operare nel migliore dei modi, possibilmente bene con tutti i criteri della scientificità, ma “senza perdere la tenerezza”.