Pratica clinica. Un collega mi scrive: ha senso prescrivere a un diabetico ben tre ipoglicemizzanti orali e insulina in soprappiù? (2 – continua)
Posted on | maggio 11, 2012 | No Comments
Continuiamo la nostra discussione su quanto un Collega mi ha chiesto a proposito della terapia del diabete di tipo 2 (DMT2). Abbiamo visto alcuni aspetti generali nell’articolo di introduzione. Scendiamo ora nei particolari.
Per certi versi non è difficile avviare una terapia, poiché abbiamo a disposizione una ricca documentazione scientifica cui attingere: ci sono, per citarne alcuni, gli schemi proposti dall’ADA (American Diabetes Association) e dall’AACE (Associazione degli Endocrinologi Americani) o dalla IDF (Federazione Internazionale Diabete) e il recente documento di consenso dell’AMD (Associazione Medici Diabetologi).
Questo ultimo si artico si articola in 5 algoritmi e una quindicina di flowchart, cerca di coprire le più varie situazioni, per tutti i gusti e le preferenze, con molti meriti e alcuni difetti fra cui un basso livello di evidenza (livello di prova VI).
Tutti gli schemi consigliano ovviamente il cambio di stile di vita, attività fisica compresa e, se questo non basta, una graduale aggiunta prima di un solo farmaco (che è sempre la Metformina), poi di un secondo e infine di un terzo se l’obiettivo di cura stabilito – differente per i vari schemi – non sia raggiunto: alla fine resta solo l’Insulina.
Ma per quanto riguarda l’uso dell’insulina, le scalette e i vari schemi differiscono abbastanza:
1) per il valore di glicata o di glicemia (pre o post prandiale) che segna l’avvio della stessa;
2) perché può essere inserita dopo il primo o dopo il secondo farmaco;
3) per il numero delle le dosi da somministrare, il tipo di insulina da scegliere e il modo di usarla (da sola o con aggiunta di metformina o di altri farmaci di nuova generazione);
4) perché quasi nessuno consiglia insulina una volta fallito l’uso del terzo farmaco, ma al posto di questo.
Qui va fatta un’osservazione importante: non c’è schema che contempli in verità l’associazione insulina e classici beta stimolanti (tipo la Repaglinide del nostro caso).
La scelta, manco a parlarne, è del diabetologo: nessuno, proprio nessuno prevede che il paziente possa decidere diversamente, che in base al suo stile di vita possa preferire una terapia piuttosto che un’altra, come ad esempio insulina, la quale lascia ben più liberi.
Può sembrare una grossa contraddizione, questa affermazione, ma invece è proprio così: già molti anni fa lo dicevano le linee guida della Joslin Clinic di Boston e quelli… di diabete se ne intendono.
Il discorso si sta facendo complesso e mi rendo conto che per essere più chiari sono necessari una pausa di riflessione e un altro articolo (continua).
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