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A Latronico si scrive, il libro di Egidio, fra perseveranza e qualche incongruenza. Un commento

Posted on | ottobre 27, 2012 | 5 Comments

Egidio Falabella scrittore, commento al suo libro: la fede a piedi nudiIl libro di Egidio[1] ci descrive la vita di un piccolo artigiano, di umili origini, come egli stesso si definisce, animato da un fede incrollabile: e, mentre dall’altra parte, assistiamo al conflitto fra fazioni politiche, sterile, che Albino, debbo dire con grande coraggio, assumendosi responsabilità ed esponendosi a critiche, ha tratteggiato, qui vediamo la lotta contro i debiti, la burocrazia, il silenzio della politica, tesa a se stessa, che non dà una mano a persone valenti e industriose che, partendo soltanto dalla loro professionalità e dalla loro capacità, ostinatamente vogliono affermarsi senza ricorrere a compromessi.

Nel testo di Egidio troviamo alcuni punti chiave, punti di riflessione che così sono spinto a commentare.

  1. Intanto una scrittura piana e semplice, senza fronzoli, che sembra un racconto. E’ come se fossimo in piazza a chiacchierare fra amici – a Latronico diremmo “ ‘nda codda “ – ed uno del gruppo si rievoca, passando da un ricordo ad un altro, quasi un “…ti ricordi quella volta che andammo a fare gli esami a Lagonegro…. “ o quando “… aggiustammo quella macchina che non ne voleva sapere di andare e poi il mastro…” e così via ricostruendo una vita.
  2. Egidio descrive le grandi difficoltà che ha attraversato nella infanzia e nell’adolescenza, in realtà trascinando molti di noi suoi coetanei in reminiscenze non sempre serene per situazioni consimili che vivevamo in quell’epoca: gli esami di ammissione alla scuola media erano un trauma e credo che tutti li rammentiamo con grande peso, poiché si trattava di andare in un altro paese, impresa allora, e affrontare situazioni di disagio e un confronto con “professori” del tutto al di fuori della esperienza di ciascuno. Le difficoltà erano di tutti, dicevo e le scarpe bucate erano di molti: io avevo la fortuna che mio nonno Nicola (Nicola ‘u Pilatu) era un artigiano tutto fare tal che riparare una suola con segni di cedimento era per lui un giochetto: oggi questi “artigiani” li chiamano “Makers”, ovvero gli artigiani che costruiscono il futuro, persone particolarmente dotate che negli USA sono molto ricercate, quasi esportate. Benché ora siano “artigiani digitali” noi ci dimentichiamo che queste professionalità le avevamo, solo che le abbiamo dismesse realizzando così una delle maggiori perdite che il Meridione abbia mai subito. Egidio era uno di questi ed ha avuto la capacità, la testardaggine di non andar via.
  3. Sono riflessioni che la lettura mi stimola. Ma l’infanzia di Egidio si differenzia nondimeno da quella della maggior parte di noi più o meno suoi coetanei: Egli non parla mai di gioco fra ragazzi. Pare che questa fase della vita gli manchi del tutto; nel tempo libero dalla scuola è addetto a piccoli lavori di supporto alla famiglia e se ci immaginiamo tale situazione non possiamo non coglierne il peso.
  4. Sarà tutto questo a indurgli la voglia di conoscenza che lo porta poi a continuare le scuole fra non poche difficoltà? Peraltro presto comprendendo che sì, vero è che potrebbe lavorare come apprendista dopo un solo anno di scuola, ma no, la scuola va terminata, il ciclo scolastico va concluso, magari contemporaneamente lavorando per pagarsi la pigione. E’ straordinario questo aspetto se pensiamo agli abbandoni della scuola cui oggi assistiamo da parte di ragazzi che invece non colgono questa necessità.
  5. Mi chiedo da dove venisse ad Egidio questa capacità di intuizione, questa specie di guida interna che lo conduce quasi per mano anche quando più in là avvierà la sua officina e che si associa ad un altro aspetto non comune: il racconto di Egidio è una specie di via Crucis, ma egli vede intorno a sé solo amore e persone disposte ad aiutarlo e che lo sospingono: la risposta per lui è semplice ed ha un nome. NON è questione di capacità o di ottimismo, ma di fede. Questa è la guida. E’ un limite o un aspetto ammirevole del testo di Egidio questa fede, forse un po’ troppo esibita, che è di volta in volta “mano di Dio”, “devozione” “andare a piedi nudi alla processione del santo patrono”? Non voglio commentare oltre questo aspetto troppo lontano dal mio pensiero: però non lo guardo certo sorridendo con distacco, quanto piuttosto intenerendomi e ipotizzando – sperando – che forse il concetto di fede di Egidio sia un po’ più complesso – meno strettamente religioso – di quello che ha espresso attraverso semplici atti di venerazione. Ma certo va detto che pesa sul lettore che non dovesse condividere tutto il suo percorso di fede un fatale senso di lontananza, di inevitabile esclusione: “…Perché per noi che crediamo in Dio non possiamo dare inizio a… senza… ecc.” si legge, e questo “obbligo” o “intima necessità” si traduce poi ancora in una manifestazione di esteriorità. Ed è sottinteso che voialtri invece non ne fate parte, siete esclusi e diversi, per l’appunto miscredenti. Non è tempo invece di fertili contaminazioni tra diversi, magari animati da sentimenti di carità, pur nel probabile differente modo di intendere questa?
  6. In realtà Egidio ha un punto iniziale di sostanziale solidità che forse sottovaluta: la fiducia totale che i genitori hanno in lui, molla potente che lo spinge a superare ogni difficoltà per non di non deluderli; se associamo questo stimolante sentire alla innata curiosità e voglia di conoscenza ci spieghiamo come abbia potuto compiere un così difficile percorso. Fede? Un laico non giudica, non esclude.
  7. Ed infine: la fatica per la qualità, in un paese immobile e che si difende da ogni iniziativa produttiva quasi temendola o invidiandola o godendo se fallisce: è un tratto particolare di Latronico che andrebbe analizzato più compiutamente. Al Paese del “qui non si può fare…” Egidio dimostra che invece “si può fare..”, anzi insegna come. Lo trovo straordinario.
  8. Con sapienza mette su una azienda, fra mille dubbi e notti in bianco a far conti. Un’azienda che addirittura progetta e costruisce macchine: è incredibile che sia potuto succedere qui da noi. Poi, senza alcun insegnamento o preparazione specifica, egli mostra da subito di intendersi delle logiche di mercato: “… apriamo un’officina? Si, ma di che tipo? Dobbiamo coprire uno spazio vuoto… allora deve essere elettromeccanica… ma abbiamo le competenze e c’è n’è sicuro bisogno e quindi richiesta? E l’orario di apertura? Presto al mattino… Ma gli altri aprono tardi. Vero, ma non è per concorrenza, è che dobbiamo rispondere alle esigenze degli eventuali clienti e questi hanno bisogno presto…”.  E progetta passo passo, cosa che da noi, al SUD, è autentica novità, non ancora compresa. Basta vedere i cosiddetti programmi delle Amministrazioni locali, non uno studio di territorio nel suo insieme – nel nostro caso della Valle del Sinni – ma solo osservazioni strettamente locali, non un chiedersi e un analizzare le risorse che comunque ci sono, il come utilizzarle. Persino libri di arte, di cultura e  di storia danno indicazione in questo senso, nel momento in cui analizzano le risorse archeologiche, ma niente..!
  9. Poi si imbatte pesantemente nella burocrazia dei finanziamenti: Leggiamo: “… La situazione poco chiara quale era in partenza diventò completamente oscura con il passare del tempo. Oggi alla luce dei fatti accaduti mi viene da pensare che molto giocarono in quella occasione le amicizie clientelari. Resici conto di tutte le manovre che si nascondevano dietro le accettazioni e rifiuti di domande lecite decidemmo di rinunciare ai finanziamenti e …” e restituiscono l’anticipo.

10. A scherzarci un poco, ma è un riso amaro, vien da dire che Albino non aveva ancora scritto i suoi libri, o Egidio non li aveva letti…!

11.  Così egli scopre che i finanziamenti seguono strane logiche che tenta di descrivere e contro le quali lotta intensamente. Ne ricava delusione, avvilimento, è sul punto di impantanarsi e cade anche in qualche contraddizione: forse questa è la parte un po’ oscura del libro, perché Egidio dice e non dice, ha fiducia nelle istituzione, da buon cittadino, ma ne è deluso: è grande amico di alcuni politici che nella zona, più che governare, regnano. Forse bastava farsi spiegare da loro o forse in realtà non era neanche necessario per uno che ha capito sagacemente i meccanismi di mercato.

Per questa serie di incertezze è anche meno bella la parata di politici e di religiosi di professione che sfilano alle varie inaugurazioni fatte al miglioramento dell’officina; perché siano lì in fila a farsi fotografare è del tutto evidente, perché Egidio li inviti è poco comprensibile: egli ha addirittura restituito alcuni finanziamenti allorché si è accorto delle tortuosità da seguire per ottenerli, dimostrando di non aver bisogno di protettori, cosa davvero straordinaria: che bisogno c’era allora di avere costoro ai suoi piedi ai festeggiamenti? Poiché tutto il libro è un percorso di fede mi sarei aspettato piuttosto che avesse cacciato i sacerdoti dal tempio. Mi sarei aspettato che, anziché l’inguaribile notabilato meridionale, avesse invitato, senza selezione i con-cittadini, i compaesani, che avesse semplicemente preparato per loro, nell’aia antistante l’officina, una festosa… “sckanata di pane” e del nostro buon salame e avesse festeggiato le conquiste condividendo. Peccato.

Altri aspetti ci sarebbero da commentare: il suo senso della famiglia, il rispetto degli operai dipendenti, la sua generosità e alcune illusioni che si porta dietro come un fanciullo speranzoso senza che questo ne limiti minimamente la personalità o debba far pensare a adolescenziali vagheggiamenti, perché il senso della realtà è sempre nitido tanto da essere talvolta un peso opprimente.

Autobiografia dunque, perché il libro resta una importante lezione di vita….

Leggiamoli, dico ai miei Compaesani in special modo, questi libri, prima quello di Albino e poi quello di Egidio: personalmente ne ho ricavato una irritazione profonda talvolta, rabbia per certi versi, emozioni per altri e un invito alla riflessione e alla riconsiderazione di certi valori.

Ad entrambi gli autori va un grazie per la loro fatica


[1] Egidio Falabella. “La fede a piedi nudi – Zaccara ed. 2010

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Comments

5 Responses to “A Latronico si scrive, il libro di Egidio, fra perseveranza e qualche incongruenza. Un commento”

  1. Annibale
    ottobre 27th, 2012 @ 13:33

    Voglio fare una considerazione, forse un po’ fuori luogo, ma mi sento di farla. Albino, Egidio Falabella, Egidio Mileo e altri ancora a Latronico (anche mio fratello Vincenzo, che tu conosci, ha redatto una sua autobiografia, non ancora pubblicata) hanno scritto della loro vita, travagliata a tratti, affascinante ed eroica a volte, ma sicuramente intensa. Sarà che la loro giovinezza è coincisa con la grande ripresa economica e che la loro capacità di sacrificarsi ha potuto basarsi sulla intransigente educazione ed esempio dei loro padri, ma questi signori hanno avuto la possibilità di attuare i loro progetti (conseguendoli o no, non ha importanza), a mio parere, abbastanza agevolmente.
    Al giorno d’oggi, invece, un giovane, pur dotato di buone capacità, che non abbia alle spalle una famiglia facoltosa oppure un politico compiacente non potrà mai attuare il suo progetto di vita, non potrà mai scrivere una autobiografia significativa.

  2. Ennio Scaldaferri
    ottobre 27th, 2012 @ 19:05

    Non è facile rispondere al tuo commento, anche perché parliamo di situazioni che ci hanno spesso coinvolto direttamente.
    Molte delle persone che citi, ed altre, hanno lavorato molto, acquisito conoscenze e tuttavia talvolta hanno dovuto emigrare. Se leggi il libro di Albino, professionista consumato, a 58 anni lo vedi invocare un lavoro in un rapporto con il politico di turno che si resta sbigottiti.
    Perché, ed è il mio rovello, comunque avendo persone preparate, grandi lavoratrici ed essendo l’Italia in una fase di grande sviluppo, tuttavia abbiamo dovuto subire tanta emigrazione che ha falcidiato il SUD? Cosa è mancato? Di chi la responsabilità. E questo che mi fa dire… altro che Garibaldi! La ricchezza così esportata al Nord è incommensurabile.
    Quanto hai giovani, qui il discorso è davvero complesso. Qui dobbiamo analizzare le nostre e le loro responsabilità. Ad esempio, per una serie di motivi, più meno giustificati, io mi laureai in ritardo. A Napoli era uno standard essere fuori corso. Quando arrivai a Padova, scoprii, fra l’altro, che di fuori corso non ce n’erano. . se non i Meridionali… che venivano da Università del SUD! Ti dice nulla? I nostri giovani partono già svantaggiati per essere al SUD, bene debbono laurearsi prima degli altri, altrimenti… sono fuori mercato. Lo hanno capito? Tu mi dirai, e dopo? Il problema del dopo ora vale anche qui.
    Invito a leggere un bellissimo articolo comparso ieri su R2-Cultura di Repubblica: Ragazzi di bottega / Il mestiere di una volta. E’ davvero illuminante. Va letto, e bisogna attentamente e seriamente rifletterci. Io credo che dobbiamo entrare nell’ordine di idea che andare a scuola, arrivare alla maturità serve comunque, perché se avremo studiato saremo in grado, di fare, di apprendere meglio qualsiasi cosa. Non necessariamente lavori strettamente intellettuali. Spero che non ci si arrabbi per quel che scrivo ora, ma che si discuta.

  3. Fatima
    ottobre 28th, 2012 @ 17:24

    Pienamente d’accordo con il commento che mi precede (di Annibale il 27/10). Detto questo, vorrei osservare, nello specifico, che le esperienze di vita di questo scrittore sono senza dubbio interessanti, anche per chi non conosce i luoghi; tuttavia poco mi meraviglia quel che tu dici che ti sembra incomprensibile (aspetti e situazioni come la “parata” di personalità): mi sembrano piuttosto segni di qualche limite; Egidio è senza dubbio una bravissima persona, sagace e abile, intraprendente nel suo lavoro, ma molto subalterna, in quanto a capacità critica, al potere politico e religioso locale, anche se ne rifiuta eventuali favori.
    Può essere che questo mio giudizio derivi da conoscenze superficiali e di seconda mano, naturalmente (oppure da una incontrollabile diffidenza verso ogni manifestazione che non parta da libertà di pensiero… e non me ne vanto).

  4. Annibale
    ottobre 28th, 2012 @ 18:52

    Per quanto riguarda il tema della fede che risalta sia nel libro di Albino che di Egidio, non mi sento di esprimere pareri circostanziati. La mia condizione non voluta di ateo (ovvero che avrei preferito avere una saldissima fede e, quindi, fregarmene della morte) non mi fa comprendere alcuni atteggiamenti devoti estremi (quali andare a piedi nudi in processione oppure ungersi con la “santa manna”) ma non mi permette neppure di criticarli. Ma molte volte le mie laiche e semplici norme etiche di comportamento mi confortano allorché verifico, nei cosiddetti credenti, condotte non sempre coerenti con i loro principi religiosi.

  5. Egidio Falabella
    novembre 25th, 2012 @ 16:36

    Grazie! Grazie! Grazie!

    Per aver dedicato tanto tempo a leggere il mio libro ed averlo commentato con tanta cura. Per me é lusinghiero perché non sono uno scrittore, e i libri che leggo sono spesso dei libri tecnici, inerenti alla mia professione.

    Come ho già detto, la mia autobiografia esprime la passione in un mestiere e la fede religiosa, ma vuole anche essere un messaggio per i giovani e anche i meno giovani, affinché non ci si arrenda di fornte alle difficoltà, e affinché si tenga duro per perseguire un obiettivo.

    E questo libro é anche un messaggio alle Istituzioni, concepite da me come parte integrante della vita quotidiana di ogni cittadino, che spera poter contare su di loro.
    Averli invitati nella nostra azienda non era per noi un segno di ringraziamento. Voleva essere piuttosto una “soddisfazione personale”: per far capire e per dimostrare che nonostatnte tutte le difficoltà burocratiche incontrate, la nostra società ce l’ha fatta lo stesso. Ovviamente, si puo’ non essere dello stesso parere.
    Vorrei comunque dire che non concordo troppo con il commento di Annibale quando dici che chi ha avuto un progetto in quegli anni, abbia potuto realizzarlo agevolmente, anzi..
    E anche se é vero che in quegli anni c’é stato il boom economico…il Sud ha continuato a spopolarsi, e per chi é rimasto, non é stato per nulla facile. Chi ha creduto nella sua terra ha dovuto inventarsi o reinventarsi per non cedere alla pur facile tentazione di fare le valigie. Ed i sacrifici sono stati molteplici. A volte penso che non tutti i giovani sarebbero disposti a farne tanti oggi, dove la logica é di avere innanzitutto dei profitti.
    Capisco che con la crisi attuale sia molto più difficile decidere di investire e di lanciarsi in un progetto a Latronico, ma io mi considero ottimista, e penso che grazie all’evoluzione delle grandi tecnologie, con i nuvi mezzi di comunicazione, con la professionalità, la passione e tanta serietà si puo’ iniziare a fare impresa a Latronico.
    Ti ringrazio ancora per il tempo consacrato al mio libro.
    Con affetto
    Egidio Falabella

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