Perché i Trevigiani vanno talvolta a curarsi in altri ospedali avendone a casa uno di alto livello?
Posted on | aprile 23, 2013 | 5 Comments
E’ la domanda che mi rivolge la Signora R. che, dopo aver dovuto provare, per sua sfortuna, tanti ospedali, ha concluso che “… a Treviso mal che caschi, te caschi sempre ben…”, frase salomonica che pronunciata in un perfetto dialetto, non riproducibile, suona ancora più convincente.
L’affermazione di R. concorda del tutto con l’esperienza che ho personalmente fatto in febbraio u. s., allorché mi sono dovuto sottoporre ad un delicato intervento chirurgico, avvenuto in 3° Chirurgia dell’Ospedale Civile “Ca’ Foncello” di Treviso, specializzata fra l’altro in Patologia Polmonare e Trapianto di rene.
Per la mia particolare situazione clinica, la cosa non era una passeggiata. Complessa la diagnosi, complesso decidere fra trattamento farmacologico o chirurgico. Ma non ho dovuto preoccuparmene io: un team sanitario multi-disciplinare di patologia toracica – dal chirurgo toracico agli specialisti in malattie polmonari e infettive ai radiologi – ha studiato il mio caso.
Il mio, ma non solo il mio, altrettanto avviene, come prassi normale, in altri casi similmente difficili.
E’ stato stabilito il da farsi; l’iter mi è stato illustrato, ho con fiducia accettato senza alcun bisogno di ripensarci, né tantomeno di ricorrere ad altri consulti – anche se mi era stato amichevolmente offerto di farmi operare presso un rinomato polo ospedaliero universitario – mi sono state fissate le date per il completamento degli accertamenti e dell’intervento, avvenuto in video-toracoscopia.
Fatto questo, in sette giorni ero a casa, dopo aver completato l’iter durante la degenza con altri non semplici esami imposti da ciò che è risultato.
Impeccabile l’iter post operatorio. Personale accogliente e competente. Mai è venuto meno un sorriso o una parola di incoraggiamento, allorché accusavo la fatica.
Certo, uno potrebbe dire: “e ci mancherebbe altro, hai lavorato per molti lustri al Ca’ Foncello, vuoi non difendere il tuo ex-posto di lavoro!? E vuoi che trattassero proprio te male?…”
E’ vero anche questo. E sarebbe sciocco negare che il conoscere medici e infermieri mi ha giovato. Non fosse altro che per la comune storia professionale con molti di loro. E’ umano, no?
Ma io mi sono messo anche nei panni dell’osservatore critico. Ed ho guardato attentamente tutto ciò che succedeva intorno a me con un certo distacco. Ho ascoltato ciò che veniva detto agli altri pazienti e come con essi il personale si comportava: nessuna differenza, e una parola di attenzione era riservata i pazienti più ligi come a quelli un po’ invadenti e che chiamavano di continuo.
Perché se L’Accoglienza diventa parte della professionalità diciamo tecnica, il comportamento descritto diviene il naturale modo di operare.
Una parola va spesa per l’aspetto anestesiologico.
So che mi è stata praticata una anestesia all’avanguardia con un rapido indolore risveglio: poi, punto cruciale, seguita da una terapia del dolore impeccabile. E’ noto che gli interventi sul torace comportano nella fase post operatoria dolore intenso e perdurante.
Il concetto base della terapia del dolore è che questo va prevenuto, non curato quando esso oramai c’è ed è insopportabile. E difatti, data la pozione magica antidolore somministratami in continuo, 2 giorni dopo ho cominciato a percorrere i corridoi in lungo e in largo, nonostante vari drenaggi pendenti… da più parti.
Sapete che vi dico? Non fatevi operare da chicchessia, fosse il più grande luminare di questo mondo, se la struttura non dispone di possibilità di immediate consulenze pluri-specialistiche di notte come di giorno e se non vi garantiscono una terapia del dolore non al bisogno, ma prima che il dolore venga a tormentarvi.
Questa fondamentale nozione non era proprietaria solo dell’anestesista, cosa che dovremmo dare per scontata, anche se sappiamo che così proprio non sia, ma di tutto il personale del reparto, medici e non.
Ovviamente per me è stato semplice decidere dove farmi seguire ed operare.
Ma per chi non ha molte conoscenze? Come possono decidere i Trevigiani diciamo perplessi? Al di là del provare a proprie spese come la Sig.ra R., oggi abbiamo la possibilità di informarci “scientificamente”. Ecco il mezzo:
Disponiamo dei dati del Programma Nazionale Valutazione Esiti (PNE) raccolti dal Ministero della Salute consultabili, sì, ma per esperti: per fortuna sono stati organizzati, tradotti in agili tabelle e quindi resi più facilmente leggibili dalla rivista FOCUS [1]; presentata da Radio 3 Scienza (Ospedale che vai, cure che trovi), consultandola troverete:
1) gli ospedali affidabili;
2) quelli che potrebbero esserlo, ma non hanno dati sufficienti per essere valutati;
3) quelli che andrebbero chiusi, perché i risultati ottenuti sono troppo sotto alla media italiana.
E troverete informazioni sconcertanti tipo: “… Sono ancora troppe le morti evitabili negli ospedali italiani: l’8% dei ricoverati – su base nazionale, dati 2011 – che significa più o meno 45.000 decessi…”
Basta leggere con attenzione. Vedrete che sorprese. Il Ca’ Foncello è situato, salvo qualche scusabile eccezione, al punto 1). E non vi nascondo, ad esempio, la mia incredulità nel leggere come, nella rinomatissima sanità Veneta, vi siano, nella tabelle di Focus del 2012, solo cinque sedi ospedalieri elencate per valutabile affidabilità nella Chirurgia del Tumore Maligno del Polmone: fra questi pochi, uno è per l’appunto Ca’ Foncello [2].
Quando un grande problema di salute viene affrontato con prestazioni di alto livello, non solo i costi diminuiscono, ma il peso stesso della malattia diventa immensamente più sopportabile. Sento quindi davvero di dover ringraziare sentitamente tutto il gruppo della patologia Toracica del Ca’ Foncello di Treviso per i traguardi che ha raggiunto e per il modo di porsi.
Nella speranza che quanto ho scritto possa essere utile a tanti.
[1] La guida ai migliori ospedali d’Italia. Come scegliere i migliori ospedali per ogni tipo di intervento, da Focus.it a cura di Amelia Beltramini.
[2] La guida ai migliori ospedali d’Italia: quali sono quelli da evitare.
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Iniezioni d’insulina in quantità in cambio di prelibati spuntini… a gogò!
Posted on | febbraio 24, 2013 | 4 Comments
“Dottore, non mi tolga l’insulina, la preferisco alle pastiglie!” mi scongiura, sornione, un distinto signore.
Non ci crederete, ma questa è proprio l’implorazione che mi rivolge il nostro famoso paziente degli spuntini: per la cura del suo diabete preferisce continuare a fare le punture d’insulina più volte al giorno, piuttosto che assumere comodamente pastigliette per bocca!
In tanti anni che faccio il diabetologo mai mi è stata rivolta una simile richiesta, poiché nessuno vuole curarsi con delle iniezioni, magari più volte al giorno, se può farne a meno.
Beninteso, nei pazienti con il diabete il cui stadio clinico è la ”insulino – dipendenza”, la cosa non è in discussione, perché in questi casi la terapia con insulina è indispensabile per vivere. Ma nei soggetti con Diabete di tipo 2 (DMT2) con obesità cui per qualche motivo tale terapia viene suggerita, questa non sempre è veramente indispensabile.
Perché allora essa viene consigliata? Al di là di particolari situazioni a una persona con DMT2 in sovrappeso il suo uso viene proposto perché vi è in uno stato di scompenso cronico, tal che i farmaci presi per bocca non bastano più. Un’attenta cura con insulina, associata ad un altrettanto attento stile di vita, in genere fa sì che si possa, dopo un periodo, riprendere a curare il diabete con farmaci per bocca con buon risultato.
Ma è proprio questo il punto: lo stile di vita, quell’alimentazione parca che prevede il soddisfare la “gola” solo ogni tanto (aggiungo: sacrosanto) non disgiunta da una serena attività fisica, è la chiave perché un DMT2 in sovrappeso non faccia uso, se non eccezionalmente, dell’insulina e, se costretto a farla, ritorni poi alle pastiglie.
Ebbene, il nostro amico ha scoperto che con un sapiente uso di piccole e ripetute dosi d’insulina può abbastanza impunemente soddisfare la sua ghiottoneria con i più vari stuzzicanti spuntini, senza pagare lo scotto di una dannosa iperglicemia.
In altri termini ha imparato il rapporto che c’è fra introduzione di cibo e quantità di insulina da somministrarsi: in questo modo tiene sotto controllo la glicemia ottimamente.
Potrebbe fare lo stesso con le pastiglie? Purtroppo no, o non con tanta libertà.
Punture d’insulina o rinunciare alle leccornie fuori pasto? Questo è lo shakespeariano dilemma di fronte al quale il nostro amico non ha avuto alcun tentennamento: punture d’insulina a profusione e prelibati bocconcini a gogò!!
Tutto fila liscio, allora? No, evidentemente, perché il nostro così facendo cresce di peso a vista d’occhio; ma bisogna capirlo: così com’è occupato a preparare intingoli, da dove lo prende il tempo per dedicarsi alla attività fisica?
Suvvia, siate comprensivi, voi che la gola non sapete cosa sia!
Ed essere comprensivi qui è giusto, perché al di là della facile ironia, credo che dobbiamo apprezzare l’assennatezza di questo paziente che, pur non potendo fare a meno degli abusi, e questo è un fatto personale che non abbiamo alcun diritto di biasimare, ha saputo trovare il modo per diminuire il danno, poiché almeno in iperglicemia non va.
E ci lancia un importante messaggio: se fai l’insulina sei più libero di mangiare. Di sicuro ha letto una delle più popolari guide sul diabete, quella della Joslin Clinic, certo… reinterpretandola.[1]
[1] Tratto da una guida famosa e popolare: ”… il messaggio importante è che, con una corretta educazione e nel contesto di una sana alimentazione, una persona con diabete può mangiare tutto quello che una persona senza diabete mangia…”
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In ambulatorio, le delusioni:”… ma in questi anni dunque non è cambiato nulla? Ed io che speravo…!”
Posted on | febbraio 15, 2013 | 1 Comment
In ambulatorio, le delusioni:”… ma in questi anni dunque non è cambiato nulla? Ed io che speravo…!”
… mi dice tempo fa un paziente venuto alla mia osservazioni dopo anni di assenza. Continuava a fare la stessa terapia e tutto sommato le sue condizioni si erano mantenute buone.
“Il motivo della visita dopo tanti anni?” chiedo cordialmente, anche per alleggerire la tensione che inevitabilmente c’è all’inizio. Soprattutto quando il paziente si sente in colpa, come probabilmente è in questo caso, per avere omesso per anni di sottoporsi ad una qualsivoglia valutazione medica.
Con il timore di aver qualche danno da diabete.
“Beh, per fare il punto sulla mia situazione” mi risponde “ma, ad essere sinceri, è che spero che in tutto questo tempo ci sia qualcosa di nuovo. Magari delle medicine più potenti, magari si potrebbe essere liberi dal dover fare tutti i quei controlli che i diabetici debbono fare… insomma, spero che abbia qualche buona nuova da darmi!”.
Domande e speranze legittime. Un paziente diabetico che si voglia ben curare deve indubbiamente sottoporsi ad una notevole quantità di controlli – basti pensare all’automonitoraggio glicemico – che per alcuni sono un grande ostacolo. E poi il WEB è pieno di promesse e di proposte, per lo più inattendibili.
Il colloquio va avanti, la valutazione medica complessiva è favorevole, così posso rassicurarlo.
E però il paziente è altro che vuol sapere. Mi rendo che non ha la percezione dei danni che possono essere causati dal diabete, danni che egli misura da come si sente (e qui sbaglia di grosso). Ciò che veramente gli interessa è sapere se ci sono per lui semplificazioni in quel che deve fare per controllare la malattia. E mi rendo anche conto di quanto sia per lui pericoloso questo atteggiamento.
Per cui decido di essere diretto e incisivo.
In effetti in questi anni sono successe tante cose nuove.- Ci sono nuove insuline, ci sono alcuni farmaci davvero molto utili che si possono prendere per bocca o per iniezione. Insomma sono stati fatti passi avanti.
Il sig. G. mi guarda con sollievo: “allora posso allentare i controlli, basta prendere le nuove medicine?” e per passare immediatamente al pratico: “me le può prescrivere?”
“Un momento , un momento”, lo fermo. “non ho finito di dirle quello che c’è veramente di nuovo da qualche tempo” soggiungo, questa volta un po’ severo per non creargli aspettative aggiuntive “ecco che cosa c’è di veramente importante” continuo “ ed è qualcosa di nuovo e di vecchio insieme”
Mi guarda con una certa meraviglia senza capire, allora gli elenco i seguenti punti.
- Abbiamo capito in questi anni, anzi è stato dimostrato, che tutte le nuove cure, e le vecchie, servono ben poco senza un adeguato stile di vita e senza una gestione della propria salute. E quindi:
- E’ indispensabile avere un programma di alimentazione corretta e di attività fisica ben organizzata settimanale, cosa che non significa muoversi un po’, ma proprio bisogna stabilire quanto e come. Diciamo scritto su una ricetta come per qualsiasi altro provvedimento
- Nessuna terapia può servire veramente al diabetico se egli stesso non impara ad adattarla al suo stile di vita: il che significa che il ruolo del diabetologo è per certi versi marginale: tramite esami e visita certo è indispensabile per valutare lo stato di salute del paziente, o per suggerire una serie di scelte terapeutiche (talvolta la scelta è obbligata) e avviare un programma di informazione e verifica, ma perché poi la terapia funzioni è ineludibile che il paziente la rimodelli, la adatti, la modifichi talvolta giorno per giorno, avendo imparato a farlo.
- In buona conclusione, se il paziente non è disponibile a seguire questi semplici principi non c’è niente da fare: poche persone avranno il diabete a posto ed è quasi inutile dedicare tempo e fatica a scegliere questa o quella medicina, perché tanto prima o poi tutte falliranno.
C’è una consolazione però. Il punto 1, cruciale, riguarda tutti, ma proprio tutte le persone che vogliono mantenersi in buona salute.
Il paziente mi guarda meravigliato. “..Ma allora, le nuove medicine? Beh, aiutano, aiutano.. “Ma queste cose me le diceva anche 10 anni fa…!” soggiunge sconcertato.
E’ vero anche questo. Ma anni fa erano intuizioni, ora è dimostrato che si fa così…
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Ella brevemente e gentilmente si intrattenne … ed oggi è la giornata adatta a ricordare
Posted on | gennaio 27, 2013 | 1 Comment
“Ma nel concludere non posso ignorare la perdita che l’Italia tutta ha subito con la morte della prof.sa Rita Levi Montalcini. E gli insegnamenti che dovremmo tener a mente” dicevo a chiusura del precedente post.
Ed oggi è proprio il giorno giusto per ricordarcene.
Con non poca emozione il mio pensiero è andato ad un lontano giorno di circa 25 anni fa: viaggiatore con mia moglie e mio figlio in Abruzzo, ci fermammo alcuni giorni all’Aquila, una meravigliosa città allora, per una visita accurata dei suoi innumerevoli monumenti. La sera scoprimmo che era ospite dello stesso albergo anche la Prof.sa Levi-Montalcini. Cenò con la sorella poco distante da noi. Da poco Nobel se ben ricordo.
Nella vasta sala da pranzo non c’erano altre persone. Alla fine della cena, con molto riguardo chiedemmo di salutarla. Io rimasi rispettosamente discosto, mentre si avvicinò mio figlio, allora appena adolescente, accompagnato da mia moglie: ella brevemente cordialmente si intrattenne con lui. Un fugace quanto indimenticabile incontro
Oggi vorrei richiamare gli aspetti salienti della personalità di R. Levi-Montalcini citando alcune testimonianze.
Doveva esser veramente stimata in tutto il mondo e amata dai suoi collaboratori viene da dire subito.
Se andiamo alla ricerca dei suoi lavori scientifici nella biblioteca medica vediamo con un certo stupore di quale attenzione godesse nella vasta comunità scientifica internazionale; i suoi compleanni – per esempio – venivano festeggiati dalle più varie e importanti riviste:
nel 2012 un editoriale della Indian J Endocrinol Metab. recita “Celebrating life with Rita Levi-Montalcini: A hundred years and more!”; in Mol Neurobiol. del 2011 troviamo: “Festschrift in celebration of Rita Levi-Montalcini’s 102nd birthday” e ancora nello stesso giornale: “Rita’s 102!!”. Straordinari poi gli articoli per i 100 anni: “Milestone: neurology’s growth factor: 100 years of Rita Levi-Montalcini. scrive Geurts JJ. su Nat Rev Neurol.
MILESTONE, come dire “pietra miliare”.
E da ultimo, una delle più prestigiose, se non la più prestigiosa delle riveste scientifiche, Nature, dedica il titolo: “Neuroscience: One hundred years of Rita.”.
Si resta quasi sconcertati.
Ed altrettanta è la sorpresa quando poi ci accorgiamo della considerazione in cui la tenevano i suoi collaboratori: proprio di recente il suo nome appare in un lavoro davvero interessante[1], la cui lettura è per gli addetti ai lavori, ma che – anche solo a leggerne la conclusione[2] – ci dà un’idea di quanto fossero difficili le cose di cui si occupava. Straordinaria poi la prolusione che ella tenne allorché fu insignita del premio Nobel: leggetene almeno i vari titoli[3]. E quasi commovente appare oggi la richiesta di aiuto che, con una lettera aperta pubblicata su Science, ben 776 ricercatori italiani le rivolsero – a lei oramai centenaria! – per denunciare lo stato della ricerca in Italia[4] e a cui puntualmente rispose.
Coinvolgente poi la rievocazione che i nostri principali giornali nazionali hanno fatto quando R. Levi-Montalcini è mancata : ho trovato particolarmente appassionati gli articoli pubblicati su R2 Cultura di Repubblica stilati da persone ben note a tutti[5]:
Riporto alcune frasi. Da Umberto Veronesi:
1) “… Il primo caposaldo del suo messaggio è l‘amore per la scienza e la fiducia incondizionata nella capacità del pensiero razionale di costruire il progresso della civiltà…”.
2) “… Il secondo caposaldo del suo messaggio la vede ancora protagonista in prima persona: la valorizzazione delle donne, patrimoni intellettuali e capitali umani inespressi o dimenticati. Ecco le sue parole: «Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l’accesso all’istruzione e alla leadership».
3) “… Il terzo caposaldo è la forza dei valori del pensiero laico: la libertà, la tolleranza, la solidarietà, la pace…”.
a) “… LA FINE è importante in tutte le cose. A 103 anni Rita Levi-Montalcini ha completato la sua nel modo che posso immaginare avrebbe voluto: addormentandosi. L’aveva preparata da tempo dentro di sé, con la leggerezza che le persone speciali sanno usare nell’affrontare le cose gravi. Non si era stancata della vita, tutt’altro, aveva deciso di dimenticarsi di vivere per sfiorare la presunzione filosofica dell’immortalità. La vita per lei era qualcosa in cui si sta indefinitamente anche quando finisce…”.
b) Ognuno di noi può diventare un santo o un bandito, ma ciò dipende dai nostri primi tre anni di vita, non da dio. È una legge di una scienza che si chiama epigenetica, in altre parole si può definire il risultato del dialogo che si instaura tra i nostri geni e l’ambiente familiare e sociale nel quale cresciamo.
c) Amava Bertrand Russell, soprattutto queste parole nelle quali si riconosceva: «Tre passioni, semplici ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la ricerca della conoscenza, la sete d’amore e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità».
Da PG Odifreddi, nel cui articolo si trova anche una breve descrizione del nerve growth factor (NGF) o fattore di crescita nervoso:
A) “… Tutti conoscevano il nome e la ieratica figura di Rita Levi Montalcini, premio Nobel 1986 per la medicina, per anni l’unica donna nel suo campo di ricerca. Tanto che, come lei stessa ricordava orgogliosamente, ai congressi ai quali partecipava le prolusioni si aprivano normalmente con un Lady and Gentlemen, “Signora e Signori“…”.
B) … arrivò nel 2001 la nomina a senatrice a vita da parte del presidente Ciampi. Una nomina che, nonostante l’età, la scienziata considerò non come una passiva onorificenza, ma come un attivo impegno sociale e civile a sostegno della ricerca, e contro coloro che avrebbero voluto restaurare in Italia il regime che nel ventennio aveva già procurato sufficienti danni al paese in generale, e a lei in particolare…”
Anche il New York Times del 31/12/2012 .sottolinea come particolarmente rilevante questo punto: “… Italy honored her in 2001 by making her a senator for life…”.
Fra tante cose belle, una brutta.
Oggi va ricordata. Oggi, ma non solo oggi, ce ne dobbiamo vergognare, perché solo così si potrà impedire che simili fatti accadano ancora: lo stesso Senato della Repubblica italiana, vale a dire il ramo del nostro Parlamento – uno dei massimi organi di democrazia – che ha in sé il nobile significato del senior, gravemente la offese tramite uno dei suoi rappresentanti, così contrapponendosi, volgarmente, alle testimonianze di stima e di affetto che sopra ho riportato.
Sottoscrivo le parole di Dario Cresto-Dina: “… È stata una donna curiosa e schiva, tanto essenziale da apparire dura, affilata nell’animo come nelle risposte, quasi sempre caustiche, distanti. Una delle ultime la riservò a Storace e alle aggressioni antisemite dei fascisti in Parlamento: «Sono come l’acqua sulla pelle di un’anatra, scivolano via».
Il mondo intero la venerava, qualcuno in Italia, nella sede propria della vita democratica, la offendeva. Come possiamo non sentire come fatta a ciascuno di noi tale offesa? Non esserne costernati?
Questa è la giornata appropriata per non dimenticare. Mi auguro che i suoi principi, i suoi messaggi possano restare a lungo vivi.
[1] Nerve growth factor regulates axial rotation during early stages of chick embryo development;
Annalisa Manca, Simona Capsonia, Anna Di Luzio, Domenico Vignonea, Francesca Malerba, Francesca Paoletti, Rossella Brandi, Ivan Arisia, Antonino Cattaneo and Rita Levi-Montalcini
[2] Conclusione sintetica del lavoro citato: “… (lo studio) suggerisce il possibile coinvolgimento di NGF nei processi di sviluppo, come ad esempio la formazione del tubo neurale, LR patterning e la rotazione assiale, processi responsabili della configurazione del piano corporeo e dei rapporti topografici tra i vari organi…”
[3] The Nerve Growth Factor 35 Years Later: Nobel lecture, December 8, 1986 by RITA LEVI-MONTALCINI
[4] Open Letter to Senator Rita Levi-Montalcini, Rita Clementi et al., Response from Rita Levi-Montalcini; Science 21 March 2008. Riporto inizio e chiusura della lettera. “We are a group of researchers and we write this letter to you with the utmost respect and gratitude for what you have done and still do for research in Italy”…”… Professor, with your usual strength of mind you will certainly be able to pass on the message that the university in Italy can be saved only if this problem is solved. Thank you in advance for your understanding and support”.
[5] Che cosa ci lascia, di U. Veronesi;La signora della Vita, di Dario Cresto-Dina; Dal laboratorio da camera al Nobel le grandi rivoluzioni di una scienziata, di PG Odifreddi.
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Andiamo a cominciare un nuovo anno. Benvenuto 2013
Posted on | gennaio 1, 2013 | 1 Comment
Gli Auguri
Primo gennaio, un giorno adatto per gli auguri: Auguri di Buon Anno a tutti i lettori di Diabetologando.it, nella speranza che il 2013 possa essere almeno un pochino non peggiore del 2012.
Il mio Blog
Non ho l’esigenza di fare un’analisi di questo o di chi o quanti lo frequentano. Spero solo che possa esser stato utile a qualcuno. So che un numerosi lettori lo hanno consultato su problemi metabolici rilevanti trovando la risposta adeguata alla loro necessità e molti mi hanno scritto per problemi da cui erano afflitti: in particolare ricordo donne con diabete gestazionale, problema di non poco conto complicante la gravidanza, se non curato.
Aggiornare i contenuti
Voglio dirvi che rivedere le schede mediche, inserire presentazioni che possano essere utili e schematici aggiornamenti è molto faticoso, soprattutto in un tempo in cui l’informazione via internet é dilagante e direi invadente, ma, purtroppo, talvolta deviante: personalmente leggo e rileggo i miei articoli prima di pubblicarli, ne controllo la validità con i dati della letteratura - talvolta sento la opinione di colleghi più esperti su determinati temi – infine li inserisco nel blog.
Un esempio di ciò che può succedere nel Web
Tempo fa consultai un blog per donne; mi interessava verificare come si affrontavano alcuni problemi metabolici. Scorrendo i vari post mi resi conto che una giovane donna incinta cinguettava con altre sulla sua glicemia elevata. Partivano consigli di tutti i tipi, ma non ce n’era uno davvero utile. Dai pochi dati che vidi in quel che scrivevano capii che quella giovane aveva urgente bisogno di un serio intervento diabetologico senza perder tempo. Decisi di intervenire, mi presentai (nome cognome, miei dati professionali) e dettai il mio professionale parere. Controllai alcuni giorni dopo: niente era successo e il cinguettio continuava con possibile nocumento per la signora e il suo bambino. Ne restai piuttosto colpito.
Perché dunque spendo energie nel Blog?
Io cominciai non tanto per raggiungere migliaia di persone, non avendo i mezzi per controllare un flusso enorme di informazioni, né per fare contro-informazione nel senso letterale della parola, quanto per fare solo informazione corretta, svincolata da interesse e da pubblicità: l’assenza di questa é già buona garanzia che non ci siano secondi fini. Il mio intento iniziale fu quindi di esser di supporto ai miei pazienti che potevano così trovare agili e corrette informazioni a loro utili. A questo scopo rispondono le schede mediche, o anche le presentazioni, facilmente raggiungibili dal menu principale.
La prevenzione
Ma, conoscendo quanto sia trascurata la prevenzione delle malattie cardio-metaboliche, decisi di insistere su questa e preparai la scheda relativa inserendo poi periodicamente articoli sull’argomento contando che i lettori, pure quelli sicuri di non aver problemi, si riconoscano in quanto scrivo o negli esempi e siano così spinti a prendere provvedimenti. E questo è certo uno dei maggiori obiettivi del blog, ma so anche quanto sia ambizioso per il fatto che un processo di prevenzione richiede da una parte che la persona ne senta il bisogno – vorrei quasi dire “ne apprenda il bisogno” – e dall’altra che il medico abbia raffinate conoscenze e particolare sensibilità, non sempre purtroppo presenti, affinché il percorso preventivo venga compiuto prima che si arrivi troppo tardi: nel cercare di essere utile ho inserito uno scrivetemi.
Posso mangiare solo mela verde
Non è semplice far da solo tutto ciò. Sono costretto a studiare presso che quotidianamente, consultare la letteratura scientifica, filtrare le informazioni… condotta indispensabile anche per far fronte alla situazione di disinformazione in cui trovo i pazienti che o consultano il blog e che mi scrivono o che mi interpellano direttamente. E questo è un aspetto piuttosto difficile per il doversi confrontare con istituzioni talvolta poche aggiornate: giorni fa ho dovuto far fronte alla disinformazione di una povera e anziana signora in condizioni oramai compromesse, tali in parte per la sua malattia di base, è vero, ma tanto, proprio tanto per la terapia metabolica che conduceva che oltre a certi farmaci inadatti comprendeva indicazioni tipo: “per la frutta, può mangiare solo la mela verde…”, assolutamente errata.
E’ anche queste persone che vorrei raggiungere con quel che scrivo.
Riferimenti bibliografici [1]
Infine vi invito caldamente a porre attenzione ai riferimenti bibliografici allorché consultate un sito sanitario: ogni informazione medica deve essere cioè accompagnata da una voce che dica da dove questa informazione sia tratta, fosse anche essa frutto solo della esperienza medica di quel sanitario.
Come faccio a sostenere questo punto con tanta decisione? Semplice, ecco il riferimento bibliografico, vale a dire alcune delle fonti da cui traggo tale indicazione: e si va dai testi di Sackett, grande precursore della medicina basata sull’evidenza, a tanti altri siti che qui trovate.
Il raccontare
Non vi nascondo poi che il blog, al di là dell’aspetto medico, mi dà l’occasione di parlare del mio Paese e di alcune esperienze fatte e questo è piacevole per la possibilità di interfacciarmi con amici e conoscenti, riandare indietro con i ricordi tenendo presenti le mie radici.
Concludo
So di non aver inserito nuovi articoli da un po’ di tempo. Ma é stato un autunno per me travagliato per certi versi e non ho potuto quindi dedicarmi direttamente al blog; ho però raccolto molti spunti e materiali su cui lavorare in futuro. Peraltro ho dovuto curare il mio aggiornamento, in particolare in alcuni campi della diabetologia, come le neuropatie, accumulando così i crediti formativi cui sono tenuto (come tutti i medici che esercitano).
Ma nel concludere non posso ignorare la perdita che l’Italia tutta ha subito con la morte della prof.sa Rita Levi Montalcini. Se ne è scritto tanto. Io rammento un fortuito incontro con lei di tanti anni fa ed il suo lascito, di opere e di pensiero, monito per questa Italia così distratta e talvolta pasticciona, anche se nel suo profondo è generosa.
1) [1]COMPLEMENTARIETÀ: Le informazioni diffuse dal sito sono destinate ad incoraggiare, e non a sostituire, le relazioni esistenti tra paziente e medico
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